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scarti e metamorfosi

scarti e metamorfosi

Monthly Archives: April 2013

005_In cucina II/III (buffe storie n.5)

29 Monday Apr 2013

Posted by claudiapatuzzi in buffe storie

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becassine, blade runner, castafiore, cicerone, dante alighieri, divina commedia, ennio flaiano, françois mauriac, joseph de maistre, moka, pinocchio, sandro botticelli, tutti dicono I love you, woody allen

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La cantante è viva o morta ? (foto di Claudia Patuzzi)

Brocca-gallina : – Scusatemi dell’interruzione, non ho quasi più voce. Non ci sono novità né buone notizie, ma solo una crudele constatazione : La Castafiore è introvabile !

« È VIVA O MORTA ? » Questa domanda senza risposta echeggia dovunque. Il suo punto interrogativo rimbomba nella corte interna che dà sulla cucina fino ai camini affumicati e il cielo grigio di Parigi. Un orribile dubbio che oscura ogni ricordo, ogni nota musicale, ogni visione suscitata dal concerto. Tutte è svanito nel nulla. La cucina è tremendamente silenziosa, mentre io non faccio altro che parlare  da sola. Anche i poliziotti non fanno altro che  girare qua e là, alla cieca, sbuffando e starnutendo sotto i baffi. Forse avrebbero bisogno di un consiglio o  di un tubetto di paracetamolo…

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Il mistero della Castafiore : la polizia è a un punto morto ! (foto di Claudia Patuzzi)

I due poliziotti mi guardano spaesati come due scarafaggi in un deserto…

– Insomma, pelandroni,  che aspettate ?  Dobbiamo chiedere aiuto a un esperto !

– Abbiamo cercato dappertutto, anche nella pattumiera…

– E se fosse stata rinchiusa nello sgabbuzzino ? Avete guardato nel portaombrelli ? Nei pensili del bagno, tra le medicine ? Tra le riviste scadute ? Abbiamo le ore contate e io  rischio di essere licenziata…

– È troppo piccola, potrebbe essere dovunque, anche tra le posate o in una teiera…

– E se chiamassimo il commissario Maigret ?

« Eccomi figlioli ! Avete bisogno di me ? »

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Jean Gabin nelle vesti di Maigret nel film Maigret_e_l’affare_Saint_Fiacre (1959)

– Non rispondetegli ! Maigret è bravissimo, ma è troppo sensibile  e umano… In questo caso ci vuole qualcuno che ragioni a freddo, con metodo, come un chirurgo col suo bisturi affilato. Oppure uno smaliziato e famoso scrittore di libri gialli…

« Are you speaking about me ? State parlando di me ? »

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Agata Christie a Bagdad.

I poliziotti si stringono l’uno all’altro, pallidi come morti.

– Che voce è questa ? Non capisco nulla !

– C’è qualcuno laggiù, sullo strapiombo…

Una donna di una certa età, con delle perle al collo, accuratamente vestita, li sta osservando da uno strano baldacchino, una specie di belvedere o un terrazzino,  mentre beve con aplomb una tazza di tè sgranocchiando qualche biscotto.

« Dont you recognize me by face? I’m Agatha Christie ! »

Brocca-gallina : – Cretini, non capite che parla in inglese ? Per la miseria, è proprio lei, la madre di Hercule Poirot !

– Good morning ! Sono Agatha Christie, la scrittrice di romanzi polizieschi o, volgarmente detti, « libri gialli ».

– Stiamo cercando una persona improvvisamente scomparsa: la Castafiore!

-Scomparsa? Misteriosamente? Anch’io un giorno sono scomparsa… ma quella storia è morta per sempre per me!

Agatha Christie emana un profondo sospiro e si concentra di nuovo sul tè. Una pausa di silenzio lunga un secolo. A cosa sta pensando?

– Dove siete Madame?

Agatha Christie sussulta, come se  si risvegliasse da un sogno. Ha ripreso il controllo. La sua voce risuona con incisiva chiarezza:  – Mi trovo nella mia casa di Bagdad con mio marito, l’archeologo Max Mallowan, una vecchia dimora turca sulle rive del Tigri… (prende un biscotto e lo intinge nel tè) …una casa fresca, dicevo, con un cortile e delle palme che arrivano fino alla ringhiera del balcone.  Ho sempre amato i balconi : creano una sfasatura tra il dentro e il fuori, l’alto e il basso… un modo per restare se stessi stando altrove, osservando la natura e gli altri di sguincio, un luogo intermedio, dove tutti gli sguardi sono possibili e i riflessi del sole cangianti e imprevedibili… Ops ! Mi accorgo che sto divagando… Cosa stavo dicendo ? Ah, ecco ! Mentre osservavo le donne che scendevano al fiume a lavare le loro pentole, ho sentito che parlavate di un famoso scrittore di libri gialli e di un’indagine molto complicata…Io adoro i libri, ma forse ne ho scritti troppi… !»

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Agatha Christie tra i suoi libri

–  Madame, siete una vera benedizione ! Abbiamo bisogno del vostro aiuto.

– Volentieri, ma prima vorrei raccontarvi una piccola storia. Mia sorella maggiore Madge mi aveva iniziato da bambina al grande Sherlock Holmes ed io mi ero buttata a capofitto lungo la via indicatami leggendo Le due cugine, che già mi aveva straordinariamente colpito nel racconto di Madge, quando avevo appena otto anni.  Poi ho letto Arsenio Lupin, Uno studio in rosso e  Il mistero della camera gialla  di Gaston Leroux. In preda all’esaltazione dissi a Madge che anch’io avrei voluto cimentarmi in un romanzo poliziesco… « Non ci riuscirai » mi rispose mia sorella, ma io sapevo che un giorno ne avrei scritto uno, anzi molti…  (Agatha Christie, La mia vita, Mondadori, 1977, p. 217-18) Adesso vorrei chiamare qualcuno di veramente speciale a cui devo molto : Conan Doyle !

« State parlando di me ? »

– Non posso crederci, è proprio lui !

006_DEF Holmes _740  Il noto detective Arthur Conan Doyle; foto di Claudia Patuzzi.

– Sì, sono io, Arthur Conan Doyle. Se non sbaglio, madame Christie, è sparito qualcuno…

– Un orribile incidente, una famosa cantante…

– Quel che conta sempre è il metodo…

I poliziotti urlano all’unisono : Che dobbiamo fare ? Perché la cantante è sparita ? Chi l’ha rapita ? Un delitto ? Un ricatto ?

Conan Doyle si soffia il naso, pulisce la sua pipa e dice : – Cercare una spiegazione prima di conoscere tutti i fatti, è un errore ! Solo quando avete eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto impossibile sia,  è necessariamente la verità. Forse dovreste cercare dove non vorreste più cercare: l’orrore non funziona senza l’immaginazione… e con ciò ho chiuso.

– Guardate, è scomparso ! Quante arie, forse era meglio Maigret !

Agatha Christie si affaccia dalla portafinestra: – Un ultimo consiglio: riflettete sull’ultima frase di Conan Doyle… Oh, è entrato il mio Max, vi devo lasciare… tra poco parto per una crociera. Addio! Poi rientra nella sua stanza chiudendo le imposte.

– Dunque, pelandroni, che aspettate ? Avete sentito cosa ha detto la signora Christie ?  Cercate dove non volete più cercare !

– Ma setacciare tutta Parigi è impossibile !

– Forse Conan Doyle voleva dire il contrario…

– Voleva dire  che la cantante è ancora « qui », nella cucina ?

– E perché no ? Frugate ogni interstizio, i buchi della serratura, la scatola del cucito, ogni cassetto, ogni pentola, il frigorifero, qualunque cosa !

I due poliziotti si grattano la testa. “Forse stiamo vivendo dentro un romanzo giallo… dov’è la realtà? dov’è la finzione?” pensano, senza troppo approfondire. “Com’è bello non approfondire, essere accomodanti, adattarsi.  A volte le due cose (realtà e finzione) si intrecciano e ci troviamo spaesati, cittadini di un mondo sconosciuto che si muove a velocità vertiginosa trascinandosi in un turbine virtuale…” Ma ecco che, finalmente, un poliziotto ha un’idea e dice: – Perché non prendiamo la 500?

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Il ritrovamento; foto di Claudia Patuzzi

Guidati dal fiuto di una poderosa FIAT 500 i due poliziotti hanno finalmente trovato la cantante ! Il suo corpo giace senza vita accanto al podio… cioè il “piatto”, sul tavolo della cucina. Il luogo più logico, eppure, proprio per questo, il più trascurato dal genere umano… Delle monetine sono sparse ai suoi piedi, insieme al campanello dorato che amava portare attorno al collo, col quale, forse, è stata strangolata… Mio Dio! Mi sento quasi svenire per l’emozione… Una cantante così brava, così generosa, ha dovuto meritare un simile destino !

Brocca-gallina si guarda intorno spaesata, poi scoppia in un lamento epico: “Ma dov’è andata Agatha Christie ? Perché non è qui con noi a darci man forte ?”

008_agathanella nave.740 3   Agatha Christie è in viaggio!

– Sono qui, su una nave diretta a Madera! Vorrei consigliarvi un’importante citazione del poeta Novalis: “Chi vede un gigante esamini prima la posizione del sole e faccia attenzione a che non sia l’ombra di un pinguino.”

(Georg Philipp Friedrich  Freiherr von Hardenberg, detto Novalis, Frammenti, scrittore, poeta e filosofo tedesco, 1772-1801)

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Ritratto di Novalis, opera di André Masson (1939)

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 Un altro punto di vista del ritrovamento; foto di Claudia Patuzzi.

Eccoli ancora, i nostri eroi, sul medesimo luogo del delitto! Al loro occhio acuto non sfugge nulla. Eppure c’è qualcosa di diverso rispetto a pochi minuti prima. Forse le cosiddette “cose” o “oggetti” non sono esattamente gli stessi o non sono allo stesso posto. Si avverte uno sfasamento. Quale è, secondo voi, lo scarto, la minima differenza, tra questa scena e la precedente ? E non dimenticate mai che…

« Giocare è sperimentare il caso! » (Novalis, Frammenti)

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Ritratto di Novalis (1772-1801)

Claudia Patuzzi

004_In cucina I/III (buffe storie n. 4)

15 Monday Apr 2013

Posted by claudiapatuzzi in buffe storie

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becassine, bizet, bologna, carmen, castafiore, jean le rond d'alambert, plinio il giovane, vesuvio

 

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Niente è più ambiguo di uno specchio. (foto di Claudia Patuzzi)

Sono le 10.00 di un’assolata domenica del 14 aprile. M’impigrisco tra le coperte facendo scorrere il tempo, inseguendo la luce del sole oltre le tende, quando delle voci straripano dalla cucina.

Qualcuno grida a squarciagola: – Non ne posso più di aspettare !

Un’altra voce, un po’ chioccia, risponde : – Aiuto, non la sopporto piu’! Non fa altro che urlare!

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La cronista della storia. (foto di Claudia Patuzzi)

Quest’ultima è la voce della brocca di Deruta, che crede di essere una gallina vera e allo stesso tempo una giornalista. Lo so, è un po’ svitata, le galline non parlano, fanno coccode’, ma stavolta ha ragione.

Mi metto la vestaglia ed entro nella cucina.

– Calmati, ci parlo io!

La brocca guarda il vassoio di Becassine, che le fa l’occhietto, poi si calma.

Nel frattempo la voce acuta continua à gridare:

– Quando cominciamo? I poliziotti stanno per arrivare…  É stato pulito il tavolo? Dov´é il podio? La carta di stagnola argentata?  Dov’é il manifesto per il concerto? La messa in piega si affloscia…

« Quante arie da gran dama ! Chi si crede di essere ? Dovrebbe ringraziarmi se l’ho ospitata nella mia cucina… »

– Eccovi il manifesto!  Siete contenta, signora?

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Manifesto del concerto. (foto di Claudia Patuzzi)

Brocca-Gallina: – La famosa cantante ha deciso di fare un concerto in un luogo eccezionale: una modesta cucina di Parigi, la ville lumière!

Eccola sul podio. I riflettori s’illuminano : la cantante fa la sua dichiarazione alla stampa…

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La cantante tra i riflettori. (foto di Claudia Patuzzi)

Castafiore : – Grazie, grazie a tutti voi, miei fedeli fans e amici ! Dobbiamo resistere, dobbiamo adattarci à tutto in questi tempi difficili! Questo e’ un modesto concerto di beneficienza per combattere la depressione. Anche se la crisi dilaga, la musica e una bella voce possono aiutarci. Il potere seducente della musica può creare uno sfondo capace di illuminare un muro  buio e triste, dipingerlo con l’aiuto delle parole e di una bella voce, per poi superarlo e abbatterlo, fino a volare sopra di esso! E se non ci fossero né la musica, né la voce, né i soldi, possiamo immaginare quello sfondo dentro di noi, attraverso la nostra immaginazione, come in questa piccola cucina… Jean le Rond D’Alambert, nel suo Discorso preliminare dell’Enciclopedia  ha scritto : « Ogni musica che non dipinge nulla è un rumore ! Toute musique qui ne peint rien, n’est que du bruit ! »

– Ma che succede ? Chi vedo ? Ecco i due poliziotti che arrivano… Lo spettacolo comincia!

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Inizio del concerto. (foto di Claudia Patuzzi)

Brocca-Gallina : Signori e signore benvenuti a Canal-cuisine ! La cantante è salita sul podio protetta da due… hem… due scarafaggi! Chiedo scusa, volevo dire due poliziotti che sbirciano attorno preoccupati. Ci sono degli strani rumori: qualcuno sta lavando dei bicchieri schizzando il “piatto” tra macchia di olio e sugo… scusate, volevo dire il “Podio”…

Ecco, la Castafiore comincia a cantare. Seguendo il consiglio di D’Alembert, cerca di  dipingere con la sua  voce sublime dei fiori rosa su sfondo bianco, che, purtroppo, non alludono alla “Carmen” di Bizet, ma ( ahimè!) alla vecchia padella qua sotto!

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Si può cantare su una padella… (foto di Claudia Patuzzi)

Brocca-Gallina : – La voce della Castafiore continua a dipingere di suoni la realtà invisibile… ed ecco, signori e signore,  che, a poco a poco,  la cucina sparisce, il piatto sporco scompare e una tela immaginaria sorge dal nulla, mentre delle immagini esplodono in complicati riflessi seguendo il ritmo della musica e  il timbro della voce. Alla fina appare, come se fosse qui, davanti ai nostri occhi, il magico fondale dorato del teatro comunale di Bologna, storica città medievale e noto luogo gastronomico, soprattutto per la cucina del maiale e per il salame, il prosciutto, lo zampone, i cappelletti, i tortellini, la piadina…

– Sta’ zitta! Non ti dilungare su queste sciocchezze!

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Bologna, teatro comunale. (foto di Claudia Patuzzi)

Brocca-Gallina : – Con la canzone successiva la pingue cantante lascia l’opulenta Bologna per il sud Italia. Questa volta il muro è colorato  di giallo, di azzurro e di un rosso pauroso: il Golfo di Napoli sullo sfondo del Vesuvio in eruzione!  Il rosso vivo delle fiamme accende di riflessi incandescenti l’abito della Castafiore… I pescatori sulle barche osservano il fenomeno stupiti…Nessuno sembra provare paura. La voce della cantante  modella il terrore con una strana e terribile dolcezza. Ma non siamo anche noi irresistibilmente attratti da spettacoli grandiosi e incontrollabili? Dal Sublime della Natura con la “enne” maiuscola?

In questo momento un ricordo mi sfiora la mente. Penso  all’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. , a cui hanno assistito Plinio il Vecchio  (morto asfissiato dalle ceneri)  e suo nipote Plinio il Giovane. Un evento descritto in una lettera emozionante.Un’ammonizione della natura per la nostra antica e sempre attuale indifferenza ?

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La cantante sullo sfondo del Vesuvio in eruzione. (foto di Claudia Patuzzi)

Brocca-gallina : – Ed infine ecco la cantante, con un vaso di fiori, al centro di un pubblico così attento da sembrare un quadro del Doganiere Rousseau… C’è anche una sposa con i nonni e un  cagnetto nero… tutti l’ascoltano in silenzio, affascinati…

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La cantante canta per gli orfanelli e i pensionati delle case di cura.(C.Patuzzi)

Brocca-gallina: – Qualcosa non va… Mio Dio, la cantante è misteriosamente scomparsa! Le immagini dipinte dalla sua voce svaporano a poco a poco nel vuoto. Un rapimento ? Un ricatto ?

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La scomparsa. (foto di Claudia Patuzzi)

Brocca-gallina emana un profondo sospiro, poi riprende la sua cronaca: “Sul palco è rimasto solo il suo scialle argentato. Forse la Castafiore ha tentato di difendersi e le è caduto dalle spalle. Ormai non rimane che un fondale vuoto e muto. La cucina è sommersa da un brusio sconcertato… Tutti sono smarriti. Tutti sembrano chiedersi : “E adesso?” La vita è una serie di “e adesso?” che ci cadono addosso senza preavviso. Forse è per questo che amiamo svicolare nella fantasia,  nei zig-zag di passeggiate che alleviano un poco la nostra ansia…  Quanti strani incontri nel tragitto… Mi spiace, ma la padrona di casa mi fa segno di smettere. I poliziotti non sanno che fare. Il buio cala sulla scena. La trasmissione è interrotta. Vi aspetto tutti alla prossima puntata, alla solita ora… ah! c’è ancora una cosa che vorrei dirvi:

“Attenti alle note, sono invisibili, ma qualche volta pizzicano !”

Post scriptum :

“… Dal lato opposto una nube nera e terribile, squarciata da guizzi serpeggianti di fuoco,  si apriva in vasti bagliori di incendio : erano essi simili a folgori, ma ancora più estesi. (…) Dopo non molto quella nube si abbassò verso terra e coprì il mare :  avvolse e nascose Capri, tolse di vista il promontorio di Miseno (… ) C’era chi , per timore della morte, invocava la morte; molti alzavano le braccia agli dei, altri, più numerosi,  dichiaravano che non v’erano più dei e che quella era l’ultima notte del mondo. “

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Ricostruzione grafica dell’eruzione di Pompei del 79 d. C.

«…Ab altero latere nubes atra et horrenda ignei spiritus  tortis vibratisque discursibus  rupta in longas flammarum figuras dehiscebat: fulguribus illae et simile et maiores erant (…) Nec multo post illa nubes descendere in terras, operire maria: cinxerat Capreas at absconderat, Miseni quod procurrit, abstulerat (…); erant qui metu mortis  mortem precabtur; multi ad deos manus tollere, plures nusquam iam deos ullos  aeternamque  illam et novissimam noctem mundo interpretabantur. »

(Plinio il Giovane, Lettera a Tacito, in Lettere ai familari,  Rizzoli Editore, pp.485 e 487)

013_quadro pompei 450Quadro su L’ ultimo giorno di Pompei  di Karl Brjullov, 1830-1833

Claudia Patuzzi

lien vers la traduction en français: http://wp.me/p388Qz-1F

003_Nel corridoio (buffe storie n. 3)

12 Friday Apr 2013

Posted by claudiapatuzzi in buffe storie

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ettore petrolini, luigi pirandello, marilyn monroe, quando la moglie è in vacanza

– Hep !

« Che succede ? » In casa non c’è nessuno.  Mi volto verso la porta che dà sul corridoio. È da lì che viene quello strano suono.  Poco prima c’era stato un tonfo, come se qualcosa di pesante fosse caduto a terra.

–Hep !

“Accidenti, eccolo di nuovo !”  Mi alzo di scatto, diretta al corridoio. In apparenza tutto sembra in ordine. La porta dello sgabuzzino è chiusa. Anche quella del bagno. La libreria sta immobile al suo posto. Sto per andarmene quando i miei piedi inciampano su qualcosa. Abbasso lo sguardo sul parquet. Un libro implora languidamente  il mio aiuto, fissandomi con i suoi grandi occhi.

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Copertina di “Marilyn, a biography by Norman Mailer”, 1973. Foto di Bert Stern.

“Come ha fatto a cadere?”

 “Hep!” miagola il libro per la terza volta. La copertina trema come se fosse di carne.

« Mio dio, un libro che parla!»

Per controllarmi, mi dico : “Non stai in un racconto di Hoffmann, di Poe o di Buzzati, stai a Parigi, a casa tua nel corridoio, sono le H16.30 di venerdì 12 aprile  dell’anno 2013…” mentre due occhi mi fissano  e mi oltrepassano… Un’allucinazione ?
“No, è un libro vero, un libro che ho letto con attenzione, pieno di sottolineature.”

Sulla copertina il viso di Marilyn_Monroe mi sorride appena. Le iridi guardano lontano, nel vuoto, mentre la bocca socchiusa continua a sillabare « Help… Aiuto!”

Sul retro del libro leggo : MARILYN a biography by Norman Mailer.

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“Marilyn, a biography by Norman Mailer”, 1973, pag. 14 : foto di Bert Stern.

Mi chino sul libro come se fosse ferito. Ha uno strappo triangolare sul lato destro, simile a una sbucciatura esangue. I libri, come i morti, non hanno sangue, si nutrono solo della memoria, della lettura e dei ricordi dei vivi, altrimenti spariscono nel vuoto o in uno sordido bouquiniste di periferia.

” Help me !” ripete il libro, mentre lo raccolgo.

“Coraggio!” penso.

Marilyn mi guarda dalla copertina, si lecca le labbra, si mette il rossetto e poi dice :
– Da quando sono morta, sono più sola che mai, il mio corpo sta scomparendo. Solo la mia voce sopravvive rimbalzando nel vuoto… »

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” … Anche se mi consolo danzando tra i dannati, sono infelice. Mi hanno ridotta a un ‘immagine  usata e consunta. Nessuno mi ascolta, non ho nessun amico con cui parlare quaggiù, all’Inferno, con cui fare l’amore. Nessuno con cui poter scambiare almeno due parole… “

” Mi dispiace molto.”

Mi guardo dietro le spalle. Se qualcuno mi sorprendesse in questo momento mi prenderebbe per una pazza. Ma quanta gente parla di nascosto ai morti ? Un moto di pietà mi spinge a parlare : – Lo sa, (preferisco darle del  “Lei” per mantenere una minima distanza) che sta in un bellissimo libro ?

« Lo so, grazie, ma voglio uscire da qui, vedere qualcuno, un « uomo » s’intende, solo per dieci minuti, dieci piccolissimi irrilevanti minuti. Conosci qualcuno, mia cara ? »

« Forse… »

Sto pensando a Pulcinella. Oltre essere un eterno affamato e un guastafeste malandrino, ama corteggiare le belle donne e sa cucinare perfettamente gli spaghetti…

« Coraggio Marilyn, fatti bella, forse ho qualcuno che fa per te ! »

« Prima, però, devi fissare un appuntamento, qui all’Inferno sono molto pignoli. »

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Pulcinella : – Come va bellona ?  Ti ho portato gli spaghetti !

Marilyn : – Hi, bellona a me !

P. : – Bella, bellissima, sfolgorante, radiosa, polposa, formosissima Venere dell’umanità, eccovi gli spaghetti !

M. : – Ah, così va meglio, il sangue comincia a scorrere nelle mie vene, il cuore a battere e la fame mi divora.

P. : – Prego, creatura divina, mangiate questi spaghetti, sono tutti per voi !

(Marilyn mangia voracemente)

P. : – Il vostro vestito è bellissimo…

M. : – È quello del film Quando la moglie è in vacanza !

 

P. : – Non l’ho visto, ma l’originale è molto meglio…

M. : – Però, il vostro vestito è un po’ sporco e quella maschera sul volto non mi piace. Perché non la togliete ?  Voglio vedere il colore dei vostri occhi, il vostro viso…

P. : – Eh no, signorina !  Io senza maschera non esisto ! Toglietevi voi la vostra maschera, piuttosto… cominciando dal vestito…

M. : – Io ne ho avute troppe di maschere ! L’ultima si è incollata su di me come un calco, non la posso togliere mai, neanche di notte. Neanche da morta. Arthur Miller mi ha distrutto. L’indifferenza mi ha ucciso…

P. : – Come vede, tutti amano le maschere… Sst, silenzio, c’è qualcuno !

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Luigi Pirandello : – È permesso ?

M. : – Cosa vuole lei ? Chi è ?

Pirandello : – Mi chiamo Luigi Pirandello, in vita ero un famoso scrittore e drammaturgo siciliano, adesso fluttuo nell’aria, un groppo di atomi tra altri infiniti atomi nello spazio infinito…

P. : – Uffa ! Ma che vuole questo ?

M. : – Non ci capisco niente.

P. : – Vattene, nessuno ti ha chiamato !

Pirandello : Siamo tutti costretti a recitare una parte nella vita, siamo tutti burattini inconsapevoli della commedia, dei fili nascosti dietro di noi, ma se la maschera scompare e diventa nuda, allora inizia la tragedia…. E ci rompiamo in mille pezzi !

P. : – Nient’affatto ! Si canta e  si mangia ! Ma se ne vada ! Il mio stomaco brontola sempre, anche da morto… Non deve importunare la mia futura sposa !

(Pirandello scompare)

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M. : – Futura sposa ? Mi vuoi sposare, Pulcinella ?

P. : – Sai cucinare i maccheroni? La pizza ? I babà ? Gli struffoli ?

M. : – Sì, almeno credo…

P. : – Allora ci vediamo in cucina per le nozze insieme al prete.

M. – E dopo, mia dolcezza,  ce ne andiamo nel letto a « dormire… »

PRETE : – Vi benedico, figlioli… e vi dichiaro marito e moglie !

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Habent sua fata libelli.

Anche i piccoli libri hanno il loro destino.

(Terenziano Mauro, De litteris syllabis et metris Horatii, II sec. d.C.)

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Leggo anche dei libri, molti libri ; ma ci imparo meno che dalla vita. Un solo libro mi ha molto insegnato : il vocabolario. Oh, il vocabolario, lo adoro. Ma adoro anche la strada, ben più meraviglioso vocabolario. (Ettore Petrolini,autore e commediografo – 1886-1936 – in Modestia a parte – Come recito, Cappelli editore, Bologna, 1931.

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Claudia Patuzzi

lien con la traduzione francese : http://wp.me/p3jqzu-G

Italo Calvino: un intellettuale tra poesia e impegno (articoli n.1)

10 Wednesday Apr 2013

Posted by claudiapatuzzi in articoli

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Ariosto, Barthes, Borges, Cesare Pavese, Gobetti, il politecnico, Il sentiero dei nidi di ragno, italo calvino, Lévi-Strauss, Michel Foucault, Orlando furioso, Pintor, Queneau, San Remo, Torino, Villa Meridiana, Voltaire

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1. Italo Calvino e il “cavaliere inesistente” (1962)

Italo Calvino: un intellettuale tra poesia e impegno

Dalla nascita cubana all’ambiente mediterraneo della riviera ligure, tra Villa Meridiana e la campagna avita coltivata ad avocados e pompelmi, Calvino derivò certamente quell’amore inconscio per l’azione e il viaggio, quel “complesso ariostesco”, prima esistenzial-familiare che letterario, che costituirà in seguito il carattere peculiare della sua poetica. Quest’infanzia movimentata, su uno sfondo familiare laico, borghese, antifascista, con lontani ricordi massonici, si traduce, attraverso l’esplorazione continua e misteriosa delle piante e della natura, nel binomio tutto calviniano di fantasia-sguardo o, se si vuole, favola e realtà. In questo senso l’infanzia costituisce una preistoria poetica, un’ottica che nulla ha a che vedere con una mitologia o tematica decadente, ma è semmai il preannuncio di un metodo come lente d’ingrandimento e di schermo tra l’io e la realtà. La dimestichezza con la narrativa inglese di un Dickens e uno Stevenson e, al tempo stesso, con “l’aria botanica” di famiglia[1] connotano l’adolescente Calvino, che cristallizzerà questi momenti magici, irrecuperabili, nella definizione di “idillio difficile”[2].

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2. Ingresso alla Villa Meridiana, Sanremo

Michel Foucault in Les mots et les choses, analizzando la metamorfosi del clima intellettuale tra Cinquecento e Barocco, afferma che il concetto di « struttura » si forma parallelamente al prevalere dello « sguardo » come “funzione privilegiata di conoscenza, di ordinamento descrittivo del mondo sensibile”[3]. “Il termine di ‘struttura’ è una nozione che si elabora proprio nella ricerca dei filosofi naturali, in primo luogo dei botanici”[4], soprattutto nell’analisi delle forme degli elementi di cui un organo è composto, nel loro confronto e nella misura dei loro rapporti. In questo caso la natura si presenta come un “complesso organico di oggetti e di caratteri (si pensi a un giardino botanico) equivalente a un libro”[5]. In alcuni “idilli difficili”[6] in contrapposizione allo “sguardo botanico”, prefigurazione inconsapevole della futura volontà razionalizzante, il polo fantastico funge da contrappeso emotivo, ma sempre in un rapporto armonico con la natura. In quest’atmosfera bimbi e uomini, animali e piante si scambiano gli attributi “testimoniando la sostanza unitaria del tutto, l’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che accade”[7]. Questo rapporto di totalità  con la natura, dove l’opacità delle cose è già ordinata  da uno “sguardo”, potrà essere recuperato in seguito solo artificialmente, attraverso una tecnica narrativa sui generis (la favola) e la creazione di uno stile a livello razionale.

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3. Torino, via Roma negli anni ’40

A questa prima fase, di cui mancano testimonianze e dove la futura poetica agisce come humus naturale e inconsapevole, ne succede un’altra: il momento di transizione è sentito dal giovane borghese come un trauma lacerante. E’ nella partecipazione attiva all’irrazionale della guerra che Calvino nasce alla letteratura neorealista ed effettua una maturazione improvvisa, sia a livello intellettuale sia a livello politico. L’esperienza resistenziale costituisce una svolta storica decisiva, da cui emerge una figura nuova d’intellettuale, impegnato in senso gramsciano e, in seguito, sempre problematico. Questa sarà l’eredità culturale, non consolatoria ma culturalmente attiva e militante, che il giovane studente ligure riceve nella Torino della casa editrice Einaudi e nella Milano del settimanale “Il Politecnico”, diretto da Elio Vittorini. L’abbandono della facoltà di Agraria è parallelo alla lacerazione dell’armonia infantile e al precoce svezzamento intellettuale, effettuato nell’ambito di una cultura “nuova”, che agisce nell’ “hic” et “nunc”, esemplata sullo stoicismo pavesiano o sui “disperati lucidi” come Gobetti e, soprattutto, Giaime Pintor.

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4. Copertina n. 1 del “Politecnico” diretto da Elio Vittorini, Roma, 29 settembre 1945

L’ottica dello sguardo appare esplicita nel romanzo-omaggio alla Resistenza – Il sentiero dei nidi di ragno –  nelle brevi battute finali tra Pin e il Cugino: – “Le lucciole da vicino sono bestie schifose anche loro, rossicce” – dice Pin. “Ma viste da lontano sono belle” – dice il Cugino. Questa “distanza” è il prezzo che Calvino deve pagare per ritornare al “prima” (il “giardino incantato” dell’infanzia) dopo la guerra civile.

Nella famosa recensione pavesiana sull’ “Unità”, nell’ottobre del ’47, troviamo parole illuminanti come “fiaba”, “gioco”, “arrampicarsi sugli alberi”, “spirito ariostesco”. Da questo punto di vista l’approdo di Calvino verso un genere letterario come la favola-intellettuale, apparentemente discordante e disimpegnato nel clima neorealista degli anni Cinquanta, è sì un casuale ritrovamento della propria matrice botanico-mediterranea, ma caricata del pathos della guerra e della morte e, in seguito, maturata attraverso l’apprendistato storico-filosofico torinese (sotto l’esempio di un maestro, studioso di “riformatori” ed “eretici” del cinquecento, come Delio Cantimori); ed è, al tempo stesso, un sospiro di sollievo e una liberazione dall’ossessione romanzesca di tinta grigia e moraleggiante (il fallimento di I giovani del Po), di carattere più propriamente neorealista.

Il “modo” calviniano di rispondere alla “crisi del romanzo” coincide dunque con la ricerca di una struttura oggettiva ma al tempo stesso epico-lirica: la favola. Con questa mossa[8], non a caso accolta dalla critica e dal pubblico con un certo stupore, Italo Calvino rivela il suo carattere affatto provinciale, tipico di chi, come lui, non ama sentirsi i “panni stretti addosso”, ma ambisce a un “collegamento maggiore con la cultura mondiale”. L’adozione cosciente della necessità di un rapporto dialettico tra intellettuale e realtà sociale si traduce, in Calvino, in una tensione profondamente morale cui corrisponde , a livello letterario, una narrazione “attiva”, dove la tensione tra poesia e impegno si traduce nel “ritmo” dinamico della parola e del racconto e, soprattutto, nella mediazione consapevole dell’ironia[9]. Calvino ha saputo raccogliere, della “crisi” neorealistico-politica, la componente più attualizzabile: quel nesso indispensabile tra intellettuale e storia che lo spingerà ad adottare una “poetica del negativo”, ma tenacemente fiduciosa nel cambiare la realtà (ottimismo della volontà) con la ragione (pessimismo dell’intelligenza)[10].

Contro l’uomo “ermetico” egli propone un intellettuale di tipo oggettivo, capace di resistere lucidamente alla “terribilità delle cose reali”: la realtà del suicidio di Cesare Pavese, del silenzio poetico di Elio Vittoriani e della fine de “Il Politecnico”; la realtà politica del successo degasperiano, della guerra fredda, del Piano Marshall fino al colpo di stato di Praga; la realtà disperata di Samuel Beckett. In questo quadro la logica della favola è la logica ferrea e geometrica della lotta, da cui promana, attraverso le “prove” cui l’uomo è sottoposto, una morale di resistenza e di attrito col negativo.

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5. Autoritratto-caricatura di Italo Calvino con dedica a Piero Dentone

E’ proprio a questo livello che Calvino da “italiano”  diviene “europeo”, per affrontare, attraverso una letteratura come educazione nella storia, il suo compito di “scrivente” in senso barthesiano[11]. Egli allora dovrebbe essere il cosiddetto uomo “transitivo”, per cui la parola costituisce veicolo e mezzo di pensiero, ma, adottando un genere letterario come la “favola intellettuale”, sembra voler restituire alla letteratura il suo carattere di “finzione”, dove la parola acquista la sua risonanza ambigua e complessa. Se in seguito affermerà che la letteratura consiste sempre nella “fondazione di uno stile” – il famoso “ponte” tra le parole e le cose – egli si garantisce fin da adesso uno spazio autonomo di gioco e di azione, sempre più arioso e infinito,  dove il filo dell’intreccio si assottiglia nel filo dell’inchiostro;  ma immettendo nella finzione la necessità della logica e, quindi, del controllo razionale, pone tra io e realtà, inevitabilmente, quella giusta mediazione, distante ma non troppo, che è l’ironia. E’ in questo equilibrio mediano che Calvino, intellettuale di sinistra, placa la sua ansia di impegno sociale: uno “scrivente-scrittore” al tempo stesso, che ha imparato a scrivere il “perché” del mondo con un “come scrivere” che non lo assorbe annullandolo nell’eleganza formale, ma semmai lo ordina in quella “spiegazione generale della vita”[12] che è la favola. Se lo schema di base della favola è geometrico-strutturale, la sua morale pedagogica – trionfo del bene sul male – insegna ai fanciulli e agli uomini fanciulli (gli intellettuali d’oggi) a diventare “uomini” attraverso le prove. In questa sostanza unitaria del tutto, dove il destino umano è presentato nelle sfaccettature del possibile, Italo Calvino tenta, nel XX secolo, di attuare l’ “uomo totale”, nel quale idea e azione, teoria e prassi, bene e male, coincidono in perfetto equilibrio.

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6. Copertina de “Il barone rampante” per le scuole medie, Einaudi Torino (1a ed. 1957)

Ma l’utopia del Barone rampante è situata in bilico tra il “dimezzamento” del visconte e l’ “inesistenza” del cavaliere, mentre controfigura amara del paesaggio di Ombrosa è l’impietosa “speculazione edilizia” della riviera ligure, dove l’intellettuale borghese in crisi ideologica cerca di emancipare il suo ruolo nel rapporto tra imprenditore e proprietario immobiliare. Pessimismo dell’intelligenza e ottimismo della volontà si rivelano inconciliabili. L’intellettuale può sì travestirsi da cavaliere, ma di fatto continua, oggi più che mai, a vivere il suo conflitto storico: “in quanto borghese è un parassita della classe dirigente, in quanto intellettuale opera, sul piano funzionale, contro chi gli fornisce i mezzi per vivere”[13].

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7. Copertina de “Le baron perché” con disegno di Italo Calvino, Seuil, Point 2001

Calvino si costruisce la sua “utopia”, sia morale sia letteraria: è la razionalità di Candide, il ritmo di Ariosto, il “falansterio” linguistico di Fourier, il tutto sullo sfondo della morale voltairiana di “coltivare il nostro orto”[14]. E’ una frase utopistica che, confrontata con le angosce moderne può risuonare egoistica e borghese, ma di grande fortuna: quasi un proverbio moderno, antimanicheo, dove l’uomo, non più sospeso tra i poli trascendenti del bene e del male, si limita finalmente a se stesso e a ciò che può fare. Nell’introduzione al Candide la famosa morale di Voltaire si prolunga in quella moderna di Italo Calvino: “le grandi scelte dell’uomo d’oggi” muovono tutte da “una morale dell’impegno pratico responsabile concreto”[15]. Da questo senso del limite, dell’azione attuabile nel contesto delle proprie possibilità, in rapporto a una morale di sostegno, deriva anche l’altro aspetto, questa volta espresso a livello puramente letterario, dell’azione immaginosa,  del ritmo narrativo,  dello spazio sempre più infinito. L’enciclopedico Voltaire e l’ “Ariosto degli utopisti”[16], entrambi figli del XVIII secolo, riflettono due piani tra loro comunicanti: il piano della ragione, come atteggiamento etico e volontaristico, e il piano del linguaggio, aperto, dialogico circolante e ambiguo, tra “geroglifici” vegetali e animali, tra “biniversi” e “triniversi”[17]. La passione ariostesca si traduce in insofferenza spaziale e temporale, in voglia di “movimento errante”[18] al di là dei limiti; si configura l’immagine della selva e del castello come luogo della ricerca, metafora cinetica della tensione morale, della non-quiete dei “rari uomini giusti: limitati e giusti, giusti in quanto limitati… tanto connaturati al loro incerto stato dal non volerlo cambiare con nessun altro” , come lo stesso Calvino dirà in seguito[19].

Con la favola Calvino verifica, quindi, sul piano della logica, una letteratura come campo privilegiato della “finzione” e del possibile, come ritmo e movimento e realizzazione poetica di un credo morale.

Ma il periodo “utopistico” è breve: alle soglie degli anni Sessanta, dinnanzi al “mare dell’oggettività”, al “magma” e alla nausea delle cose, frutto del boom economico neocapitalista, all’unidimensionalità prodotta dall’alienazione della nuova ideologia multinazionale, Calvino reagisce pubblicamente, confermando la sua esigenza di messa a fuoco della realtà contemporanea[20]. Risponde al nuovo caos e alla logica del “labirinto” con una svolta letteraria decisiva, espressione e conseguenza di una delusione ideologica o, come lui stesso ama definirla, “crisi dello spirito rivoluzionario”.

Le dimissioni dal partito comunista nel 1957 testimoniano della “diffidenza verso l’ideologia” che animerà parte della letteratura degli anni Sessanta, in seguito ai fatti d’Ungheria fino al’esplosione sessantottesca. Si è sempre più vicini alla “morte” della letteratura e dell’arte, mentre la cultura perde, durante la contestazione, buona parte della sua sacralità.

Per Calvino, la “crisi dello spirito rivoluzionario” deriva soprattutto dalla sfiducia nella storia, il cui senso non trova ormai più giustificazione nel legame indissolubile e costruttivo con la ragione. La storia unidimensionale e magmatica sembra, invece, annullare l’io nel “farsi” trascendente l’uomo: “conoscere il mondo e cambiarlo”: oggi “pare si sia perso ogni rapporto tra i due termini”, “le cose (la grande politica dei due contrapposti sistemi di forze, americano e sovietico ed, in seguito, anche il Terzo mondo) sembrano andare avanti da sole”[21].

La risposta calviniana, in polemica con le neo-avanguardie, è netta e decisa: letteratura della coscienza contro la letteratura dell’oggettività ( il vuoto “sguardo” di Robbe-Grillet); ostinazione senza illusione e volontà di contrasto; non illudersi di trovare un equilibrio di tipo classico; sfida al labirinto “mirando ad avere una mappa (conoscenza) del labirinto (caos delle conoscenze prospettive e del mondo) più particolareggiata possibile”[22]. Solo così si può continuare a sperare nel potere determinante della cultura.

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8. Italo Calvino (anni ’80)

La giornata di uno scrutatore costituisce l’exemplum paradigmatico di tale crisi storico-ideologica: la coscienza delle cose, cui l’intellettuale Amerigo Ormea assiste, si muta, gradatamente, dinnanzi all’umanità dis-umana del Cottolengo di Torino, mondo astorico e atemporale in attrito con la missione politica, in un alto dibattito interiore dove tutto si traduce in una problematica generale sui quesiti esistenziali dell’uomo. “L’ultimo anonimo erede del razionalismo settecentesco” si perde, tra le antinomie eterne di vita  e morte, di bello e orrido, nell’impotenza della storia e della ragione. La poesia altamente drammatica della Giornata deriva dal progressivo avvicinamento, nella lotta continua del dubbio, all’umano: è la scoperta dell’homo faber, l’artigiano privo di mani capace di ricominciare da zero, vincendo con la sola forza della tenacia e delle fede ignara, le “maligne mutazioni biologiche”. Questa terza fase, di cui il Cottolengo costituisce la percezione disperata e lucida del non-umano e del non-senso della storia, coincide con il definitivo trasferimento a Parigi e con il passaggio dalla logica e la storia, proprie della seconda fase “utopistica”, ala prelogica e e alla preistoria. Calvino risponde alla delusione storica con il coraggioso tentativo di “rifare” la storia, di raggiungere una nuova vergine armonia tra uomo e natura ricominciando da zero.

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9. Copertina de “Le cosmicomiche”, Einaudi, Torino, 1965

Con Le cosmicomiche e Ti con zero la fiducia nella storia è riconfermata nella possibilità di reinventare una prospettiva di significati con la stessa giuliva aderenza alle cose, propria dell’uomo primitivo: Qfwfq è l’antenato dell’homo significans, dell’uomo fabbricatore di senso che cerca di fissare con il “segno” l’infinità caotica del tempo e dello spazio. Si tratta di un umanesimo che ha oltrepassato le soglie dell’illuminismo per saltare d’un tratto il continuum storico, porsi nel cosmo e ricostruire, nel gioco-finzione della letteratura, la città dell’uomo intero.

IL passaggio dalla logica a questa pre-logica è facilitato dal carattere atemporale e astorico della favola stessa, la cui “verità” più profonda si risolve nel timbro patriarcale della favola mitica, come voce epica e anonima della tribù e dell’umanità. In questo senso l’esperienza con il non-umano del Cottolengo e la sua riabilitazione attraverso la pietas (intesa in senso rousseauiano come identificazione a un altro essere vivente), permette a Calvino di sostituire all’intelletto storico, e perciò limitato, un punto di vista generico, spoglio d’ogni risonanza sociale, attraverso cui cogliere quel fondamentale passaggio dall’animalità all’umanità, dalla natura alla cultura, dal sentimento all’intelletto. La tensione morale scaturita dall’incontro con l’intellettuale con la realtà, che tocca il suo punto più drammatico nella Giornata, si traduce ormai nella scelta della letteratura come campo specifico d’azione e di intervento, concedendo alla parola il privilegio di sottintendere nella sua forza logico-ambigua la fede calviniana nella storia e nell’uomo. La pietà e l’amore, nonché la crisi ideologica, hanno generato una spersonalizzazione, una voce collettiva e universale la cui essenza consiste nel suono metallico e ricorrente delle parole, che si accavallano incessanti a creare una complicata eziologia del cosmo e dell’universo.

Non si tratta più dell’inconsapevole “sguardo botanico” dell’infanzia o della “struttura razionale” della favola, superba messa a fuoco del punto d’incontro tra realtà e fantasia: la distanza che separa il vecchissimo antenato di Le cosmicomiche e di Ti con zero dall’infelice uomo del XX secolo, è tanto immisurabile quanto chiara e sottile è la visione che ci comunica. Questa distanza, tutt’uno con la costruzione linguistica del libro attraverso il cozzare delle parole, moderne, arcaiche, scientifiche, singulti onomatopeici, formule matematiche, agisce da potentissima lente con cui il molteplice del mondo biologico e cosmologico è minuziosamente identificato.  Nulla di questo caos è trascurato o perduto. Con il pretesto del gioco il nostro antenato ordina sistematicamente, come un dio casalingo e sbarazzino, attraverso la verifica di innumerevoli ipotesi, l’universo asemantico e vivente delle origini.

L’autonomia letteraria e il carattere sperimentale delle opere più propriamente “francesi” testimoniano il rapporto impegnato con lo strutturalismo linguistico di Roland Barthes e antropologico di Claude Lévi-Strauss, con l’antistoricismo di Maurice Blanchot fino ad approdare alla semiologia del racconto e alla matrice d’origine sud-americana e mediterranea: nel binomio Ariosto-Borges si placherà l’ultimo Calvino.

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10. Ingres: “Orlando Furioso”, Canto X, Ruggero salva Angelica

Collocatosi a metà strada, mediatore raffinato e attento, tra la cultura latino-americana e francese e la cultura italiana preferisce cercare personalmente, in opere e autori a lui più congeniali, quel “midollo del leone” di cui si faceva stoico e volontaristico interprete nel 1955. Piuttosto che divenire “uno dei tanti mandarini che corrono dietro all’attualità e sputano sentenze su tutto”[23], si mantiene su una posizione critica e vigile dove abbonda la sollecitazione proveniente dal “diverso”, da una cultura mondiale oltre che europea. La traduzione di Les fleurs bleues di Raymond Queneau gli fa ritrovare il senso dell’assurdo e il ritmo del Candide voltairiano, la tensione attiva tra realtà e fantasia, in cui il tempo e la storia non conoscono barriere cronologiche  e spaziali. L’edizione dell’ Orlando furioso, curata subito dopo per la casa editrice Einaudi, gli offre l’occasione di nutrirsi ulteriormente di antichi umori e di nuovi stimoli, per rivelare quell’ “attualità” del testo, che altro non è se non la traduzione letteraria di quell’altra sua tendenza: di cogliere nel presente, l’attualità più viva. Se il Furioso fu per trent’anni la vera vita dell’Ariosto[24], l’ “anima ariostesca” di Italo Calvino si traduce in differenti soluzioni letterarie, il cui movente sotterraneo consiste nel rapporto dialettico dell’intellettuale borghese con la realtà contemporanea,  rapporto la cui tensione rischia di tradursi in un “labirinto interminabile”, in errori a volte più importanti del “lontano traguardo finale”[25].

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11. “Le città invisibili”, Einaudi, Torino, 1962 (Magritte, “Il castello dei Pirenei”)

Con Le città invisibili Calvino, ormai del tutto consapevole della transitorietà della nostra epoca, tipica età di passaggio, di sfasamento tra ragione storicizzante e una realtà sempre più fluida, vuole compiere un viaggio a ritroso nella memoria dell’uomo, nella ricerca di un “oggettivo” umano più largo e anonimo: il destino unico, tanto cantato dall’argentino Borges,  che nello scrittore ligure si traduce nel ritorno alla città dell’infanzia. Il mito borgesiano del “labirinto”, già prefigurato da Calvino nell’originaria passione per l’Ariosto, sperimentato a livello esistenziale nel caos della guerra e, in seguito, nella tensione interiore tra poesia e impegno, , diviene, ne Il castello dei destini incrociati, il simbolo della ricerca continua e perseverante,  di una logica del dubbio costretta entro le ferree leggi del racconto.

Dal “provinciale alla conquista del mondo”[26], dal giovane Calvino desideroso di “esprimersi” nel vivo clima ideologico creatosi negli anni del dopoguerra, sono ormai trascorsi vent’anni. Il Calvino più maturo si scopre, nel proprio intimo, più disincantato, più disperatamente lucido di prima.  Sa bene, ormai,  che l’uomo savio e guerriero “in ogni cosa che fa e che pensa”[27] è possibile solo sulla pagina: di fatto resta la tensione continua dell’intellettuale che si rapporta con la realtà. La condizione di “dimezzati”, cioè di crisi permanente dell’intellettuale, sospeso tra la realtà da un lato e la letteratura – in via di morte – dall’altro, è l’unica verità da vivere e osservare stoicamente. Se come scrittore ama definirsi un “giocoliere” o un “illusionista”[28], continua, nonostante tutto, la sua fede illuministica nella Storia e nell’Uomo, in un “diciottesimo secolo che si allarghi di molto dai suoi limiti temporali (…) situato in mezzo al disegno di costruzione cosmogonica che viene dal Rinascimento, da Giordano Bruno, da più lontano ancora: l’uomo contribuisce con la sua immaginazione e il suo lavoro di autocostruzione continua dell’universo”[29].

Claudia Patuzzi

lien vers la traduction en français:http://wp.me/p3jqzu-n

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12. La panchina di Sanremo”, 1942. Il primo a sinistra è Eugenio Scalfari, il secondo da destra è Italo Calvino.

lettera calvino  180 ridotta

Lettera di Italo Calvino a Claudia Patuzzi (17/01/1977)

Le foto 1, 2, 3, 5, 8, 12 provengono da “Italo Calvino, biografia per immagini” a cura di Fabio Pierangeli e Patrizio Barbaro, Edizioni Paravia, Torino, 1995.

Articolo già pubblicato sulla “Nuova Antologia” n. 2105 – maggio 1976, Roma.

NOTE :

[1] Il padre fu infatti agronomo di San Remo e, in seguito, professore incaricato di agricoltura tropicale presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Torino ; la madre fu assistente di botanica all’Università di Pavia. La « Villa Meridiana » a San Ramo è stata per Calvino ciò che  fu per Borges il « giardino botanico ».

[2] Cosi’ Italo Calvino ha classificato alcuni racconti, tra il favoloso e il realistico, scritti in un arco di tempo tra il 1946 e il 1958.

[3] Michel Foucault, Classificare, cap.V, in Le parole e le cose, Rizzoli, Milano 1970, seconda ed. it.,  pp.148-155 ;  cfr. anche Ezio Raimondi, Verso il realismo, in Il romanzo senza idillio, Einaudi, Torino, 1974, pp.7-8 ;

[4] Ezio Raimondi, Ibidem, p.8.

[5] Idem, p.8

[6] « Pesci grossi, pesci piccoli », « Un pomeriggio Adamo »,  « Un bastimento carico di granchi », « Il giardino incantato », in  Racconti, Einaudi, Torino 1958.

[7] Cfr. prefazione a Fiabe italiane, Einaudi, Torino 1956; Mondadori, 1970, p.16

[8] Il visconte dimezzato esce nel 1952, pubblicato nella collana einaudiana dei « Gettoni », su proposta di Elio Vittorini.

[9] Cfr. Robert Klein, Il tema del pazzo e l’ironia umanistica, in La forma e l’intellegibile, Einaudi, Torino, 1975, pp. 477-97 : « l’ironia è quel progressivo distacco dalla densità opaca delle cose, iniziatosi con l’umanesimo e costituente un punto di passaggio obbligatorio per raggiungere il cogito ».

[10]  Cfr. Il midollo del leone, in “Paragone”, VI, 66, giugno 1955.

[11] Cfr. Roland Barthes, Scrittori e scriventi, in Saggi critici, Einaudi, Torino, 1972, pp. 120-28.

[12] Cfr. prefazione a Fiabe italiane, cit., p. 15.

[13] Jean-Paul Sartre, Che cos’è la letteratura?, Il Saggiatore, Milano 1960, p. 61.

[14] Cfr. introduzione di I.Calvino al Candide di Voltaire, Rizzoli, Milano 1974, p.9.

[15] Ibidem, p.10.

[16] Cfr. Introduzione di I.Calvino a Teoria dei quattro movimenti – Il nuovo mondo amoroso, di Charles Fourier, Einaudi, Torino, 1971, p.VII.

[17] Ibidem, p.XXX.

[18] Cfr. Introduzione al Furioso di Ludovico Ariosto, Einaudi 1970, p. XXV.

[19] Cfr. I giusti, in “Menabò`”, fasc.7, 1965.

[20] Cfr. Il mare dell’oggettività, in « Menabò », fasc.2, 1960 ; La sfida al labirinto, in “Menabo”, fasc.5, 1962.

[21]  Il mare dell’oggettività, Ibidem.

[22] La sfida al labirinto in “Menabò” fasc. 5, Einaudi, Torino, 1962.

[23] Cfr. intervista in « Avvenire », il 20 luglio 1969.

[24] Introduzione a Orlando Furioso, cit., p. XVII.

[25] Ibidem, p.24

[26]  Il castello dei destionio incrociati, Einaudi, Torino 1973, p.104

[27] Ibidem, p.111.

[28] Ibidem, p.104

[29] Cfr. intervista in «  Le monde », 25 aprile 1970.

Claudia Patuzzi

002_La visita (buffe storie n. 2)

09 Tuesday Apr 2013

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clochard, marionetta, pulcinella, seneca

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La visita

Mi trovo nel bureau, accanto alla finestra. Dietro il vetro, guardo il cielo latteo, imprigionato tra i rami nudi degli alberi. È lo stesso colore smorto che avvolge la gente che vedo correre lungo la strada. Un rumore improvviso mi distoglie dalle mie  considerazioni. Giusto un fruscio, seguito da un rimbalzo smorzato come farebbe, cadendo, una piccola palla di gomma. Non vedo nulla, ma non ho alcun dubbio. Quel suono viene dal balcone.

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” ??????????????????????????????????????????????????????????”

Qualche secondo dopo, decido di aprire la portafinestra affacciata sulla strada.  Rimango immobile, scrutando lo stretto rettangolo del balcone e la balaustra di ferro battuto. Sul lato sinistro, in fondo, il mio sguardo percepisce qualcosa…

« Chi c’è, laggiù? »

Nessuna risposta.

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“Psst! sono io…”   (foto di Claudia Patuzzi)

Come dicevo, in fondo al balcone, non vedo che un oggetto indistinto, mescolato alla pietra. Troppo lontano perché io possa identificarlo.

Mai che accade? Una « cosa » biancastra viene verso di me ! Forse un animale… Ne sono completamente sconvolta.  Provo lo stesso pietrificante terrore di un sogno ricorrente della mia infanzia.

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“Eccomi!”  (foto di Claudia Patuzzi)

Adesso la « cosa » avanza zoppicando verso di me! D’un tratto, riesco a vedere una testa con una macchia nera sulla fronte.  Sembra indossare… un sordido grembiule biancastro da cui fuoriesce un che di dorato! Mi sembra di aver già visto una cosa simile….

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“Ho paura…”   (foto di Claudia Patuzzi)

« Aiuto! Si è ingrandita! Venite a vedere! » urla la mia voce, ma attorno a me non c’è nessuno. La strada è deserta, mentre i « suoi occhi » cerchiati di nero sono fissi su di me. Hanno l’aria di giudicarmi severamente, come se dicessero: « Guardami ! Io ti conosco e ti accuso ! »

« Di cosa? Io non ho fatto niente ! »

E nel frattempo la sua strana figura si avvicina sempre più.

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“È DAVANTI AI MIEI OCCHI !” (foto di Claudia Patuzzi)

I suoi grandi occhi, bianchi nella maschera nera, non cessano di fissarmi.

« Che cosa vuoi? Chi sei? »

« Non vi ricordate di me? Io sono l’intruso, il povero diavolo che non volete mai vedere. Sono quel povero ubriacone della strada, quell’alcolizzato che rovista nella spazzatura e che dorme tutte le notti sulla panchina, nel marciapiede qui sotto!

« Ora, vi riconosco… »

« Sì, io sono PULCINELLA, l’eterno affamato, sporco e burlone, quello che fa ridere tutto il mondo. Ma voi lo avete dimenticato et quando mi incontrate, guardate sempre  dall’altra parte! »

Mi risveglio di soprassalto.  Il burattino di legno è sempre sopra il caminetto su un piedistallo dorato.

Plura sunt… quae nos terrent, quam quae premunt, et saepius opinione quam re laboramus. (Seneca, Lettere a Lucilio, 13,4)

Le cose che ci terrorizzano sono più numerose delle cose che ci danneggiano veramente, infatti, spesso, siamo ossessionati meno dai fatti reali che dalle apparenze.

Claudia Patuzzi

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001_Attenzione! (buffe storie n.1)

08 Monday Apr 2013

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fedro, ronald searle

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Disegno di Claudia Patuzzi

Attenzione!

La prima parola che ho inteso è stata: «attenzione!»

Mi trovavo in una strada sconosciuta. Stavo svicolando lentamente sul marciapiede tra degli strani alberi (delle gambe ?) che si muovevano a velocità vertiginosa. Una giungla intricata e selvaggia. Non è accaduto niente di particolare, fino al momento in cui mi hanno trascinato nei loro rami, impedendomi di avanzare. Ma, non so come, sono riuscita a liberarmi dalla loro morsa soffocante, anche se ero costretta a portare la mia casa sulle spalle…

Qualche secondo dopo, rotolavo a testa bassa come prima, abbarbicandomi a quelle zampe immense, quando dei piccoli laghi vasti come l’oceano (delle pozzanghere?) si sono profilati di fronte a me, sbarrandomi il passaggio. Per nulla rassegnata, ho cercato di scivolare dall’altro lato, ma un’ombra nera rischiava di cadere su di me, prima che io potessi fuggire oltre il marciapiede. Impossibile evitarla: quella cosa scura e dura (una suola ?) è piombata sulla mia testa annientandomi.

Subito dopo, io mi sono trovata schiacciata sulla ghiaia. Non ero che una piccola traccia gocciolante, simile a una goccia di latte cagliato, che un bebè avrebbe potuto benissimo aver rigettato e che in realtà un cane leccò, prima di strofinare le sue narici su di me,  o, per meglio dire, sui miei poveri resti.

Tutto sembrava perduto, quando, di colpo, ho ripreso le forze. D’un tratto, ho riguadagnato il marciapiede e ho ripreso la mia andatura ostinata, più veloce di prima.

Ero diventato un altro essere, sicuro di sé, che avanzava a zig zag con flessuosa agilità insieme a tutti gli altri, in cerca di chissà che…

«Attenzione! c’è una lumaca sul marciapiede!» gridò una voce a squarciagola indicandomi.

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Disegno di Ronald Searle (Garzanti, 1973)

Ho avuto solo il tempo di spostarmi di un millimetro e di rifugiarmi nel mio guscio, poi tutto è diventato oscuro.

N.B. Ecco cosa avviene quando si cammina troppo in fretta! Si deve fare attenzione.

Le cose non sono sempre come appaiono.

Non semper ea sunt, quae videntur. (Fedro, Favole, IV, 2,5)

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La lumaca di Pinocchio

Claudia Patuzzi

Il mondo e la “lumaca” di Ronald Searle :

“Da un punto di vista della collocazione, la vena umoristica di Searle fa parte del grande filone classico anglosassone, con tutte le sue connotazioni di gelo, di imperturbabilità, di litote o understatement, di morbose concessioni al nero e al feroce, e infine di viscerale passione per il nonsense…non manca la teoria del “TWIST” elaborata dallo scrittore americano O.Henry:  la conclusione obbligatoria del racconto con una stretta, una svolta, un rovesciamento, una sorpresa. Il racconto grafico di Searle si riduce solo al twist finale. Il messaggio e i  precedenti del racconto – avvenuto nella carta bianca –  devono essere intuiti dal lettore. Il segno di Searle è emotivamente impenetrabile, incisivo, e ciò crea l’assurdo della “vicenda” e un’ inevitabile comicità. Il disegno “parla” da solo.

(ispirato a l’introduzione a “Roland Searle- I 108 disegni più belli e più folli del nuovo maestro dell’umorismo”, Editore Garzanti, 1973)

lien vers la traduction en française: http://wp.me/p3jqzu-4

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